Sebbene sia un romanzo conosciutissimo non mi stancherò mai di parlarne; mi piacerebbe esporre il mio punto di vista.
Stiamo parlando di “Uno, nessuno e centomila”, nota opera di Pirandello.
Premetto dicendo che Pirandello secondo me è un personaggio molto importante del Novecento Italiano. Più che scrittore io lo considererei un vero e proprio filosofo, un maestro di vita. Con la sua teoria delle maschere è riuscito a cogliere in pieno l’essenza umana.
Pirandello si colloca nel periodo di nascita delle Avanguardie e come vero e proprio futurista, riesce a cogliere il movimento, ma all’interno della personalità umana.
Secondo Pirandello l’essere umano non è un’ entità definita, ma è un continuo divenire. Poiché è impossibile cogliere qualcosa che muta continuamente, l’idea che ci facciamo di una data persona non è altro che una fotografia, un’istantanea, che consideriamo come realtà assoluta. Nel momento in cui vediamo questa istantanea cambiare, non ci crediamo e rapportiamo questo cambiamento alla follia.
La vicenda prende il via da una situazione buffa e sciocca: un giorno la moglie fa notare a Vitangelo Moscarda che egli ha il naso un tantino storto, non sapendo però a cosa va incontro.
Basta solo l’affermazione della moglie infatti a far crollare le certezze dell’uomo. Vitangelo si ferma più volte a guardarsi allo specchio e si accorge che l’immagine che egli ha di sé, non corrisponde a quella che gli altri hanno di lui. La consapevolezza di essere vivo nelle persone intorno in centomila forme differenti suscita in lui orrore e nello stesso tempo il desiderio di distruggere queste forme che sente estranee da sé. Il suo tentativo di liberarsi dalle maschere che gli altri hanno modellato sul suo volto lo farà apparire pazzo agli occhi della gente, che non vuole accettare che il mondo sia diverso da come lo immagina ed è questa la dimostrazione di come sia, in realtà, impossibile distruggere le centomila immagini, a lui estranee, che gli altri hanno di lui.
Ognuno di noi, nel momento in cui vede crollare le sue certezze, si sente smarrito e si convince cocciutamente che l’unica idea del reale è la propria. In tal maniera Moscarda, che ha cercato di liberarsi delle sue maschere, è ritenuto pazzo e viene rinchiuso in manicomio.
Sebbene quello di Moscarda sia stato un fallimento, la fine del romanzo è degna di importanza, in quanto propone un messaggio positivo. Se precedentemente la consapevolezza di non essere nessuno suscitava nel protagonista orrore e smarrimento, alla fine dell’opera egli rinuncia all’identità e al suo nome, abbandonandosi gioiosamente al fluire della vita ed identificandosi in ogni istante con le cose che lo circondano, senza più cristallizzarsi in alcuna “forma”.
Pirandello, pur raccontando una semplice storia, ci induce ad analizzare la condizione umana.
Ogni uomo pensa di apparire agli altri per come egli è realmente e quindi si crede “uno”. Non si accorge però che è costretto ad indossare una maschera a seconda delle situazioni: può essere padre, figlio, studente, impiegato, e in ogni situazione si comporta in maniera diversa, adattandosi all’ ambito; dunque appare in “centomila” modi diversi. E infine è “nessuno” perché somme di elementi opposti tra di loro si annullano a vicenda.
“Uno nessuno e centomila” è un romanzo che molti ragazzi odiano, perché sono costretti a leggerlo a scuola. Io penso invece che tutti dovrebbero leggerlo e amarlo, andando oltre le righe.